Luca Crovi: La Milano dei delitti e delle pene


Volete prevenire i delitti? Fate che le leggi sian chiare, semplici, e che tutta la forza della nazione sia condensata a difenderle, e nessuna parte di essa sia impiegata a distruggerle.” Cosi esprimeva Cesare Beccaria il giurista e filosofo milanese. Lungo i sentieri del suo “Dei delitti e delle pene” pubblicato nel 1765 e messo al bando nel 1766 nell’indice dei libri proibiti a causa della distinzione fra peccato e reato, ma anche attraverso l’immaginario del noir “L’ultima canzone del Naviglio” (Rizzoli) di Luca Crovi si sviluppa l’itinerario.

La partenza è prevista in piazza San Fedele dove una volta aveva sede la Questura di Milano e dove Augusto de Angelis ha messo gli uffici dove lavora il commissario Carlo de Vincenzi. Ci si sposterà poi in Piazza Diaz nei luoghi in cui aveva sede una volta il quartiere malavitoso del Bottonuto, che negli anni trenta venne poi abbattuto dal fascismo, il luogo dove avevano sede alberghi case da gioco e di prostituzione e dove la ricca borghesia del centro si recava in cerca di emozioni e avventure. Da li passando per gli scorci delle ormai sparite vie di un quartiere simile a quello di Montmartre a Parigi, ci si dirigerà verso il vicolo della Stretta Bagnera. Qui visse e operò il più celebre degli assassini seriali milanesi: Antonio Boggia. “Di modi calmi, con un’esteriore quasi di bonarietà, esatto osservatore delle pratiche religiose, estraneo, almeno apparentemente, da viziose tendenze”. Con queste parole il Tribunale di Milano giudicò l’aspetto del Boggia, capace di assassinare,armato di scure, fra il 1849 e il 1859 quattro persone. Tre uomini e una donna che il soggetto sostenne di avere “ucciso, scannato, smembrato e sotterrato” nei sotterranei della sua casa dislocata in Via Bagnera a Milano (che all’epoca era chiamata Stretta Bagnera per la sua caratteristica di budello che collega via Santa Marta a Via Nerino poco a ridosso di Via Torino) perché spinto da voci che aveva sentito nella sua testa.

Dal luogo di questi omicidi ci si dirigerà poi verso il Tribunale di Milano. Per erigere il nuovo Palazzo di Giustizia in epoca fascista erano state abbattute la chiesa di San Filippo Neri e il convento delle Schiave di Maria. I Milanesi che in quei giorni ne vedevano preparare le fondamenta sostenevano che proprio per quel motivo la nuova costruzione avrebbe accolto i senza Dio e i senza speranza. Sarebbe stato un tribunale dove ci sarebbero state più condanne che assoluzioni e dove si era deciso che all’ingresso ma anche sui lati laterali sarebbero state scolpite alcune frasi in latino. Il commissario Carlo De Vincenzi si trova a meditare sul significato della roboante massima apposta proprio sul muro d’ingresso: IUSTITIA / Iuris praecepta sunt haec: honeste vivere / alterum non laedere, suum cuique tribuere. La tradusse mentalmente: Giustizia: i precetti del diritto sono questi: vivere onestamente / non ledere l’Altro, attribuire a ciascuno il suo”. Ma nell’epoca delle sue avventure raccontate da Luca Crovi e augusto De vincenti diventa complesso amministrare la giustizia seguendo le nuove normative del Codice Penale Rocco.

La partenza è prevista in piazza San Fedele dove una volta aveva sede la Questura di Milano e dove Augusto de Angelis ha messo gli uffici dove lavora il commissario Carlo de Vincenzi. Ci si sposterà poi in Piazza Diaz nei luoghi in cui aveva sede una volta il quartiere malavitoso del Bottonuto, che negli anni trenta venne poi abbattuto dal fascismo, il luogo dove avevano sede alberghi case da gioco e di prostituzione e dove la ricca borghesia del centro si recava in cerca di emozioni e avventure.

Da li passando per gli scorci delle ormai sparite vie di un quartiere simile a quello di Montmartre a Parigi, ci si dirigerà verso il vicolo della Stretta Bagnera. Qui visse e operò il più celebre degli assassini seriali milanesi: Antonio Boggia. “Di modi calmi, con un’esteriore quasi di bonarietà, esatto osservatore delle pratiche religiose, estraneo, almeno apparentemente, da viziose tendenze”.

Con queste parole il Tribunale di Milano giudicò l’aspetto del Boggia, capace di assassinare,armato di scure, fra il 1849 e il 1859 quattro persone. Tre uomini e una donna che il soggetto sostenne di avere “ucciso, scannato, smembrato e sotterrato” nei sotterranei della sua casa dislocata in Via Bagnera a Milano (che all’epoca era chiamata Stretta Bagnera per la sua caratteristica di budello che collega via Santa Marta a Via Nerino poco a ridosso di Via Torino) perché spinto da voci che aveva sentito nella sua testa.


Dal luogo di questi omicidi ci si dirigerà poi verso il Tribunale di Milano. Per erigere il nuovo Palazzo di Giustizia in epoca fascista erano state abbattute la chiesa di San Filippo Neri e il convento delle Schiave di Maria. I Milanesi che in quei giorni ne vedevano preparare le fondamenta sostenevano che proprio per quel motivo la nuova costruzione avrebbe accolto i senza Dio e i senza speranza. Sarebbe stato un tribunale dove ci sarebbero state più condanne che assoluzioni e dove si era deciso che all’ingresso ma anche sui lati laterali sarebbero state scolpite alcune frasi in latino. Il commissario Carlo De Vincenzi si trova a meditare sul significato della roboante massima apposta proprio sul muro d’ingresso: IUSTITIA / Iuris praecepta sunt haec: honeste vivere / alterum non laedere, suum cuique tribuere. La tradusse mentalmente: Giustizia: i precetti del diritto sono questi: vivere onestamente / non ledere l’Altro, attribuire a ciascuno il suo”. Ma nell’epoca delle sue avventure raccontate da Luca Crovi e Augusto De vincenti diventa complesso amministrare la giustizia seguendo le nuove normative del Codice Penale Rocco.

APPUNTAMENTO
Sabato 10 Ottobre

Ore 10.30

Piazza San Fedele

MM1 Duomo

Info/Prenotazioni: info@passeggiatedautore.it – 3392220777

L’AUTORE

Luca Crovi, redattore alla Sergio Bonelli Editore, dove cura attualmente le serie del commissario Ricciardi e di Deadwood Dick. Ha collaborato con diversi quotidiani e periodici tra cui “il Giornale”, e realizzato la monografia Tutti i colori del giallo (2002), divenuta nel 2003 trasmissione radiofonica su Radio2. Ha sceneggiato storie a fumetti da testi di Massimo Carlotto, Carlo Lucarelli, Andrea G. Pinketts e Joe R. Lansdale. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo Noir. Istruzioni per l’uso (2013) e Giallo di rigore (2016), Storia del giallo italiano (2020). L’ombra del campione è il suo primo romanzo.

 

IL LIBRO

Gennaio 1929. Mentre il Generale Inverno assedia Milano e la avvolge di bianco, il pugno di ferro della milizia fascista cala sulla città che sta cambiando da un giorno all’altro. Automobili invadono le strade, vicoli cedono il posto ai boulevard e il Naviglio interno soccombe sotto le nuove coperture in pietra. Ma non tutti piegano il capo. Alla Scala Arturo Toscanini si rifiuta di eseguire gli inni al re e al duce convinto di dover suonare ben altra musica. Nei vecchi quartieri i “bravi ragazzi” della mala meneghina rispondono agli sgherri di Mussolini. E nella questura di piazza San Fedele il commissario Carlo De Vincenzi non si lascia ingannare da chi vuole depistarlo. Una donna è stata trovata cadavere davanti alla Colonna del Diavolo, vicino alla basilica di Sant’Ambrogio, e il caso rischia di compromettere alcuni membri del Partito. La successiva morte di un barcaiolo, che sta trasportando un ultimo carico di carta verso il Tombon de San Marc, prima dell’interramento del Naviglio, sembra a tutti un incidente. Ma non a De Vincenzi, e nemmeno ai malnatt della ligéra che della gran Milan conoscono l’anima e la lingua segreta. Dopo L’ombra del campione, Luca Crovi rimette in scena un’icona del giallo italiano, il celebre poliziotto creato da Augusto De Angelis tra i Trenta e i Quaranta, componendo il canto del cigno di un mondo al tramonto, di una variopinta umanità che affrontava la vita con coraggio e sbeffeggiava il potere con una risata.

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